LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 15
7 febbraio 2016 – 5ª domenica del Tempo Ordinario
Ciclo liturgico: anno C
Venite dietro a me, dice il Signore,
vi farò pescatori di uomini.
Luca 5,1-11 (Is 6,1-2,3-8 - Salmo: 137 - 1 Cor 15,1-11)
Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l'annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra.
Questa è l’ultima domenica del Tempo Ordinario, mercoledì 10 sono Le Ceneri e domenica 14 è la prima domenica di Quaresima.
Spunti per la riflessione
Catturare i vivi
Isaia si rende conto del suo limite, della sua incapacità nell’essere profeta.
Paolo, pensando alla sua storia, si rende conto di essere stato come un aborto, cioè una persona inadatta a testimoniare il Vangelo.
Pietro, profondamente colpito dalla pesca miracolosa, prende consapevolezza del suo peccato, allontana il Maestro cui, pure, ha imprestato la barca.
Il tema di questa domenica sembra proprio essere l’inadeguatezza del nostro ministero, l’abisso che separa l’enormità della Parola che annunciamo e la nostra incapacità nel viverla in maniera credibile. È un problema che, se volete, si trascina di anno in anno, di scandalo in scandalo, che ci inquieta e scoraggia, ci fa arrabbiare e riflettere.
Per quale misteriosa ragione Dio ha affidato alle nostre fragili mani la preziosa missione di annunciare il suo volto? Perché portiamo il tesoro del Vangelo in fragili vasi di creta?
Non è un suicidio comunicativo? Una errore clamoroso?
Pietro e gli altri
I biblisti ci dicono che il racconto di Luca è un po’ stereotipato, diventa un modello di annuncio, una descrizione della vita della comunità che riceve l’annuncio dall’evangelista.
Gesù chiama alcuni pescatori a collaborare mentre sono sulla riva, alla fine dell’inutile giornata lavorativa. Sono lì che aggiustano le reti, le sistemano, e guardano con indifferenza la folla di perdi-tempo che si è radunata ad ascoltare il falegname che si immagina profeta.
È un giorno feriale, lavorativo.
Nessun ambiente sacro, all’orizzonte, nulla di particolarmente mistico.
E le persone coinvolte non appaiono troppo interessate, o preparate, o dotate di qualità particolari.
Sono solo pescatori cui Dio chiede in prestito una barca.
Così accade anche a noi oggi.
Dio ci chiama nel bel mezzo della quotidianità, nella povertà della mia comunità parrocchiale, nell’incedere noioso dei giorni che passano. Ed è Lui a raggiungerci: noi cristiani non abbiamo bisogno di luoghi speciali per fare esperienza di fede o di giorni diversi dagli altri. Proprio nella fatica del lavoro che non ci da soddisfazione possiamo intravvedere il sorriso di Dio, proprio nella messa feriale frequentata da poche persone in una chiesa-garage delle nostre periferie, proprio alla fine di una giornata quando le cose da fare sono ancora tante e la tensione in casa palpabile e pesante.
È quando meno ce lo aspettiamo che Dio ci chiede di dargli una mano.
Siamo sempre pronti a pensare a Dio come uno che la mano ce la dà. Invece ce la chiede.
Buffo.
Imbarazzante.
Barche e pescatori
La barca, nei vangeli, ha sempre a che fare con la Chiesa, la rappresenta.
Nella barca si sta insieme, in uno spazio ristretto, poco sicuro. E qualcuno deve remare. E un altro deve tenere il timone e capire come fare per superare le onde più alte.
Ma sulla barca c’è Gesù. E sa bene in che direzione andare.
No, non lo so perché il Signore scelga discepoli fragili come noi. Non so perché insista a mettere insieme grano e zizzania, non so perché i discepoli, i Dodici in primis, siano stati scelti così goffi e incoerenti. Forse perché trasparisse con maggiore chiarezza che quella grazia che arriva al cuore degli altri non viene dalle nostre capacità o dalla nostra bravura, ma dalle labbra stesse di Dio.
Forse perché, come sperimenterà bene l’apostolo Paolo, nella nostra fragilità si manifesta in pienezza la potenza di Dio.
Non mi scandalizzo, non scherziamo.
Davanti agli scandali, davanti alle contraddizioni degli uomini di Chiesa, davanti alle periodiche frane che si abbattono sulla Chiesa. Ad opera di noi cristiani! E non mi scandalizzo nemmeno davanti alle mie contraddizioni.
Io che vorrei essere più capace, più degno, più santo. E che, invece, devo fare tutti i giorni i conti con la terra che amalgama il mio cuore. Sono addolorato, spiaciuto, questo sì, ma nulla di più.
E guardo la barca, piccolo guscio di noce, che avanza fra le tempeste della storia. E le violenze del mondo. E la modernità arrogante che ci mette all’angolo. E vedo che, nonostante duemila anni, nonostante noi cristiani, galleggia. Meglio: avanza.
Pescatori di uomini
Gesù non si spaventa del peccato di Pietro.
E del mio. E del tuo, amico lettore. Il peccato è la condizione necessaria per sperimentare la misericordia di Dio. E, perciò, per diventare capaci di compassione.
Siamo chiamati a diventare pescatori di uomini. Il verbo usato da Luca non è propriamente pescare ma catturare vivi, prendere per mantenere in vita (Nm 31,15.18; Dt 20,16; Gs 2,13; 6,24). E il mare, nella Bibbia, è il luogo del male, dove abitano le tenebre.
Siamo chiamati a tirare fuori dalla situazione di disperazione e di dolore, di scoraggiamento e di morte, quanti più uomini possibili, farli figli, condurli alla salvezza di Dio.
E lo possiamo fare perché abbiamo, noi per primi, sperimentato la bellezza della presenza di Dio, un Dio che ci chiede di collaborare, di prendere il largo, di aiutarlo, una volta salvati, ad indicare la salvezza.
Vi viene in mente qualcosa di più bello?
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L’Autore
Paolo Curtaz
Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).
Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).
Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.
Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.
Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.
Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.
Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.
Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.
Esegesi biblica
Benché il racconto del ministero galilaico (4,14-9,50) segua molto da vicino il vangelo di Marco, Luca non colloca la chiamata di Pietro prima della giornata di Cafarnao (come avviene in maniera alquanto inaspettata in Mc). Egli compone invece la sua versione personale della vocazione di Pietro e dispone gli eventi secondo una sequenza più ordinata:
+ chiamata dei discepoli privilegiati (5,1-11);
+ due guarigioni (il lebbroso e il paralitico) che sono causa di dispute (5,12-16.17-26);
+ chiamata di Levi, un altro discepolo (5,27-39);
+ due episodi (le spighe strappate e la guarigione di un uomo dalla mano inaridita) in giorno di sabato che danno origine a nuove dispute (6,1-11);
+ la scelta dei Dodici (6,12-16).
La vocazione di Simon Pietro (5,1-11)
A differenza di Matteo e Marco, Luca introduce la vocazione dei primi discepoli di Gesù (Pietro, Giacomo e Giovanni), solo dopo i miracoli di Cafarnao e aggiunge il racconto della pesca miracolosa che l'evangelista Giovanni presenta dopo la risurrezione (21, 1-11). Si ha, così, in modo concreto la qualità della redazione dei vangeli, che organizzano i ricordi storici della vita di Gesù secondo diverse prospettive di ordine teologico.
La narrazione di Luca o è una composizione da lui redatta utilizzando varie fonti oppure è il frutto di una trasmissione orale con dettagli di narrazioni differenti mescolate insieme. L’opinione più probabile è la prima, poiché questa sezione è eccezionalmente ricca di tratti stilistici lucani.
La descrizione del luogo (5,1-3) corrisponde a Mc 4,1; poi Mc procede con la parabola del seminatore.
A differenza di Mc 1,17, dove Gesù rivolge la parola ad Andrea oltre che a Pietro e poco dopo anche a Giacomo e Giovanni, questa sezione di Lc ci descrive Gesù che si rivolge esclusivamente a Pietro: “D’ora in poi tu sarai pescatore di uomini”. Questa frase, così fortemente sottolineata in greco, implica un profondo cambiamento nella vita di Pietro. Egli pascerà uomini allo scopo di salvare le loro vite, invece dei pesci per i pasti di famiglia; il verbo al futuro seguito dal participio assegna a Pietro una vocazione che dovrà continuare per tutta la sua vita. Scrivendo dopo il 70 d.C., Luca deduce che la leadership di Pietro non sarà mai trasferita a nessun altro, neppure a Giacomo, come sosterrebbero alcuni studiosi in base al Libro degli Atti 10.
Simome-Pietro non sarà solo il portavoce del gruppo che segue Gesù (Lc 9,20), egli svolgerà una funzione analoga all’interno del gruppo degli apostoli presenti a Gerusalemme dopo Pasqua (At 1,15). Soprattutto predicherà la parola di Dio, compiendo così la grande “retata” che raccoglierà gli uomini per formare la prima comunità cristiana (At 2,14-41).
Infine, un ultimo tratto tipico di Luca: i nuovi discepoli abbandonano tutto, non soltanto le reti come in Mc 1,18. Seguire Gesù è compiere una scelta radicale.